Riflessioni su una debacle
Scritto da Guglielmo Mastroianni   
Giovedì 21 Ottobre 2010


Quello che realmente deve pesare, e far pensare, dopo la debacle madridista di due giorni fa, è l'assoluta inconsistenza mentale della squadra nei primi venti minuti di gioco.
Non è possibile, a questi livelli, farsi sorprendere a Madrid, da una partenza bruciante dei blancos.

Non voglio nemmeno lontanamente pensare che giocatori e staff tecnico, non si aspettassero un flamengo così ritmato, da parte degli uomini di Mourinho.
Non è un problema nè tattico, nè tecnico.
Non è un problema di un centrocampo datato e statico/stitico.
Non è una questione di schemi o dettami tattici: il gioco del Milan, francamente, faccio fatica a intravederlo e a capirlo, probabilmente perchè ancora non c'è.

E' stato l'approccio alla partita che mi ha lasciato perplesso.
E ancora più grave, a mio avviso, è stato lo sbandamento palesato in seguito al gol di Cristiano Ronaldo.

Non è concepibile che gente che da anni calca, spesso con successo, palcoscenici europei e mondiali, vada in bambola al primo gol subito.
Non può esistere.

Sicuramente ci sono attenuanti a tutto ciò.
In pratica il Real ha fatto centro al primo tiro nello specchio, grazie ad una barriera che sarebbe improbabile anche nei campetti di periferia, e ha raddoppiato grazie ad una sfortunata deviazione di Bonera, il vice Thiago.
Ma alla fine, quello che salta agli occhi, è un dato statistico: il Real Madrid ha tirato nello specchio della porta per ben ventidue volte.
22, il numero di Kakà.
Ci hanno preso a pallate, un po' com'era successo all'Inter lo scorso anno, nei gironi, a Barcellona.
Identico risultato, identico periodo, identica lezione di gioco.

Considerazioni, queste, che devono far riflettere.
E non tanto perchè potrebbero essere di buon auspicio per il prosieguo della stagione.
Ma perchè, di questo passo, si rischia di minare alla radice l'autostima di un gruppo che si sta ancora formando.
Si rischia di perdere per strada pedine fondamentali per dare il giusto ricambio alle zone nevralgiche del campo, usurate dal tempo.
Boateng su tutti.

La sensazione è che l'attenzione debba concentrarsi esclusivamente su Milanello, dove c'è ancora molto, troppo da lavorare.
Le chiacchiere su Kakà devono lasciare il tempo che trovano.
Non è il ritorno del figliol prodigo che può salvare capra e cavoli, dobbiamo mettercelo in testa, soprattutto nella serata in cui assistiamo alla tripletta di Gareth Bale a San Siro.
Questo si che deve essere spunto per un'importante riflessione.
Perchè se Mourinho battezza i nostri terzini, consentendo a Di Maria e Ronaldo di giocare solo dal centrocampo in su, è perchè qualcosa, sulle fasce, andava fatto da tempo.
Ancora prima di quest'estate.
Speriamo solo che questo bagno di umiltà sia salutare per tutti.
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