Tra quarant'anni quando sarò nonno e avrò un nipotino al quale avrò ovviamente trasmesso la passione rossonera, sarà inevitabile che un bel giorno il piccolo pargoletto mi ponga una domanda strana: "Nonno chi era Kakà?"
E quella per me sarà una domanda piena di ricordi, dovrò attendere qualche secondo prima di dare la risposta, dovrò prima guardare dentro di me, in fondo a quella miniera inesauribile di ricordi che quel nome rievoca.
Ricardo Isecson Leite non è stato un giocatore normale, non lo è stato nel suo arrivo a Milano, nel crescendo rossiniano della sua carriera nè nel modo traumatico in cui si è lasciato con il popolo rossonero.
Ma il primo pensiero che nasce in coincidenza del suo ricordo è un flashback di un pomeriggio d'inverno, una partita come tante, un Milan-Reggina di campionato in cui gli ospiti sono in vantaggio per 1-0 e il Milan deve rimontare.
Il Milan viene da un periodo particolare.
E' reduce dalla vittoria importante sulla Roma all'Olimpico ma le ferite della Coppa del Mondo per club persa ai rigori col Boca sono ancora dure a rimarginarsi.
E così dopo il vantaggio iniziale di Torrisi per la Reggina, ecco nascere una gemma preziosa, una serpentina sgusciante e mirabile di Kakà, in mezzo a tre giocatori, tiro di punta a fulminare il portiere.
Che attimo!
Che folgorazione!
Una cosa così bella rapisce il cuore e la mente, è uno squarcio di paradiso in un cielo terzo dai connotati tristi, un fulmine che travolge come una passione che sboccia all'improvviso tra due amanti inconsapevoli che si ritrovano prepotentemente nelle danze dell'amore.
E' stato in quel momento preciso in cui Kakà mi è entrato dentro, lo avvertii come qualcosa di mio perchè mai prima di allora un giocatore del mio Milan aveva rapito la mia fantasia e la mia passione come era riuscito a fare lui.
Da lì in poi non è stato più possibile guarire da questa patologia cronica, di stampo degenerativo.
Il suo modo di giocare era magico, ogni suo tocco di palla non era mai banale ma carico di fuochi d'artificio, rendeva facili le cose difficili.
Il 22 non era più un numero normale, quando lo vedevi sventolare fiero dietro la sua maglia, lo identificavi ormai come un numero messianico e divinatorio, lo incensavi e lo osservavi, attendevi sempre che quella maglietta col suo nome potesse dedicarti una gioia o un attimo di piacere.
Se il calcio fosse solamente numeri e tattiche non avrebbe il seguito che ha tuttora.
Il calcio è soprattutto voglia di sognare e Ricardo identificava in pieno questa voglia, ne carpiva la sua dimensione più intima e ontologica, la rendeva più reale e concreta di qualsiasi immaginazione effimera.
Ricardo era l'incarnazione del sogno e della magia.
Il suo modo di giocare, la sua compostezza latina unita al calore verdeoro, il viso pulito di ragazzo perbene, la sua esultanza con le mani al cielo, le sue accelerazioni che imprimevano scosse alla partita, la scritta "I belong to Jesus" che lo rendeva tanto diverso dagli altri, il candore con cui si rivolgeva verso tutti.
Pezzi di un puzzle di fantasia che messi assieme, uniti, davano ai tifosi del Milan la sensazione e l'onore di essere rappresentati da qualcuno di speciale.
Bellissima quella sensazione, non ci lasciava mai nemmeno nelle sconfitte, pensavi a lui e tornava immediatamente l'ottimismo e la voglia di riscatto.
Da un gol all'altro, da un tocco di magia a un assist sontuoso.
Arrivò la sera di Milan Manchester United il 2 maggio 2007 e quella sera Ricky raggiunse la perfezione tecnica e umana. Extraterrestre lo definì Maurizio Compagnoni nella sua accalorata telecronaca su Sky, leader vero, uomo squadra, elemento capace di cambiare la partita in un attimo.
Quella serata è rimasta negli occhi e nel cuore di tutti soprattutto grazie a lui, meraviglioso artista dello sport più popolare al mondo.
Oggi che Ricardo compie il suo primo compleanno lontano dal suo popolo è così inevitabile che un piccolo pensiero vada a lui, che per anni ci ha regalato una lunga scia di gioa e di allegria.
Ci sono persone, alcune, che entrano nella nostra vita e se ne vanno di fretta.
Ce ne sono altre che arrivano, si fermano e ci rimangono.
Ve ne sono pochissime però che quando se ne vanno lasciano orme nei nostri cuori e noi non siamo più gli stessi anche se non saremo mai talmente coraggiosi da ammetterlo al nostro cuore.
Buon compleanno Ricky
Massimo Bambara |