Penso di essere uno dei pochi milanisti oggi a non essersi commosso all’addio di Leonardo.
Ho notato da ormai molti mesi che Leonardo ormai non veniva più vissuto dall’ambiente rossonero semplicemente come allenatore bensì come personaggio capace di rappresentare il riscatto dei milanisti oppressi dalla società tiranna.
Questa visione da “buoni e cattivi” non fa parte del mio modo di vedere le cose.
Io l’allenatore lo giudico per quello che fa sul campo con il materiale che ha a disposizione.
Non per altre cose che nulla hanno a che vedere con la parte tecnica.
Il mio giudizio su Leo come allenatore è stato molto positivo per quello che concerne i primi mesi, dove è stato molto bravo a cementare lo spirito di gruppo e a tirar fuori dal cilindro uno schema nuovo, fresco, più sbarazzino, capace di esaltare al meglio le caratteristiche dei giocatori a disposizione.
Il problema è nato dopo perché quello stesso 4-2-1-3 che tante gioie ci aveva dato, in ragione della sua estrema natura, capace di richiedere sforzi disumani ai due centrocampisti centrali e di tenere sempre sotto pressione la difesa, non poteva essere un mantra immodificabile.
Era necessario capirlo, perché i momenti della stagione sono come certe partite, vanno letti con tempestività.
Leo ha adottato invece la formula del “muoia Sansone con tutti i Filistei”, ossia questo è il mio marchio di fabbrica pertanto io vado avanti tutta la stagione con questo modulo, piaccia o meno, in barba alle esigenze della squadra.
Nemmeno gli infortuni di Nesta e Pato hanno indotto il buon Leo a cambiare idea.
E’ stato così che un grande merito, una novità azzeccatissima, si è trasformato in una spada di Damocle che ha condizionato negativamente la nostra seconda parte di stagione.
Io credo che il calcio prima ancora che numeri e tattiche, sia equilibrio e buon senso.
Or bene, non capisco per quale ragione uno schema come il 4-2-1-3 non possa mutar pelle nel momento in cui ci viene a mancare Pato, ossia il giocatore che dava un senso effettivo alla posizione a sinistra di Dinho e nel momento in cui Nesta si infortuna, rendendo impossibile alla difesa di poter giocare alta come accadeva invece con Nesta e Thiago centrali.
Ne è derivata una sterilità offensiva evidente in quanto Huntelaar non aveva i movimenti e la velocità di Pato ed una squadra che globalmente si è allungata troppo, con i centrocampisti mandati al macero fisico, impossibilitati a coprire porzioni di campo sempre maggiori.
Analizzare una stagione significa pesare e soppesare tutti gli aspetti.
Io credo che il Milan possa trovare qualcosa di meglio di Leo come guida tecnica.
Quello che non capisco è certe valutazioni inerenti la persona.
Il fatto che sia un grande uomo, colto, preparato, eccezionali, non lo esonera da critiche e punzecchiature.
Cose alle quali Leo ha dimostrato una certa permalosità.
Io non valuto la persona, valuto ciò che fa da tecnico.
Se valutassimo solo la persona e le qualità umane, Ancelotti avrebbe dovuto rimanere allenatore del Milan per i prossimi trent’anni
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