Il Milan di Torino non è stato soltanto una grande squadra, è stato qualcosa in più.
La differenza tra una squadra che si limita a giocare bene e una squadra che riesce ad essere grande, sta tutta nel sacro fuoco che i giocatori riescono a mettere in campo quando il filo del gioco e del proprio modo di concepire calcio inizia ad incontrare delle difficoltà e dei problemi.
La personalità, la voglia di non mollare, il carattere e la determinazione, sono tutte componenti umane che hanno bisogno di miscelarsi con le qualità tecniche e le conoscenze generali.
Nel Milan di Torino l'equilibrio perfetto è stato raggiunto. Ed è un equilibrio che va oltre i semplici aspetti di campo.
Si è vista una squadra capace di contrastare la Juventus senza il timore di scendere su un terreno meno virtuoso e meno legato ai preziosismi, ma più strettamente fisico e vigoroso. Non c'è stata paura ma solo abnegazione.
E' il vero capolavoro di Leonardo. Ha rivitalizzato un gruppo che aveva vinto tutto dandogli stimoli e nuove prospettive, il tutto unito ad uno scenario tattico diverso che ha portato tutti ad una applicazione maggiore.
Ne ha forgiato l'anima e ne ha temprato lo spirito con quel suo gusto tutto brasiliano legato al bello estetico che però non perde mai di vista la praticità e il senso più concreto della realtà.
Oggi il Milan è una squadra rinnovata nelle motivazioni e nelle prospettive e questo è un merito che Leonardo puà arrogarsi pienamente senza false modestie.
Cosa sarà dei restanti quattro mesi della nostra stagione non è dato sapere.
Ciò che però lascia tranquilli sono le parole e le espressioni di Leo, sempre più padrone del suo ruolo di allenatore e ormai diventato simbolo di quel senso di riscossa e di nuova vita che il popolo rossonero ha covato dentro sin dall'attimo successivo alla cessione di Kakà.
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