Se questo è un uomo
SE QUESTO E’ UN UOMO






“..Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo
come un rospo a gennaio
che si avvia quando è buio e nebbia
e torna quando è nebbia e buio
che stramazza a un ciglio di strada
odora di kiwi e arance di Natale
conosce tre lingue e non ne parla nessuna
che contende ai topi la sua cena che ha due ciabatte di scorta
una domanda d’asilouna laurea in ingegneria, una fotografia..”


Rosarno è una piccola cittadina in provincia di Reggio Calabria, all’
estremità settentrionale della Piana di Rosarno. Il paese si affaccia dalla sua
posizioneollinare sul porto di Gioia Tauro. E’ un comune al centro di importanti
snodi viari e commerciali, che vive soprattutto di agricoltura e settore terziario.
Forse anche per queste conformazioni geo-economiche, Rosarno è una delle
capitali italiane della popolazione africana immigrata nel nostro Paese. E di questo ci
accorgiamo soltanto in queste ore, mentre, cioè, la comunità africana del luogo
è al centro di scontri, guerriglia urbana, meeting pubblici con le istituzioni
che si concretizzano in un “nulla di fatto”, reportage giornalistici continui
che, di ora in ora, ci raccontano che cosa sta avvenendo in quell’angolo d’Italia
che avevamo dimenticato.
Gli africani della piana di Gioia Tauro si sono ribellati dopo che alcuni di
loro sono stati colpiti con un’arma ad aria compressa.
Vivono come bestie, ammassati in edifici abbandonati, lavorano nei campi,
raccolgono arance e mandarini. Una situazione da “terzo mondo”. La loro condizione
disperata li ha portati a non aver cura di niente dopo la violenza subita e
accecati dalla rabbia hanno distrutto tutto ciò che gli veniva a portata di mano
per le strade di Rosarno.
Citando Roberto Saviano viene da chiedersi: “come abbiamo fatto a diventare
così ciechi, asserviti, rassegnati e piegati, mentre gli ultimi degli ultimi,
gli africani, sono riusciti a tirar fuori più rabbia che paura e rassegnazione?”.
Le comunità africane di Rosarno e di Castel Volturno, non bisogna dimenticarlo,
sono le uniche due comunità che si sono ribellate alle mafie. A settembre del
2008 per mano dei casalesi venivano uccisi sei africani e nella cittadina
casertana si scatenò un clima di guerriglia urbana simile a quello che in queste ore ha
avvolto Rosarno. Gli africani si sono sostituiti a noi, ai calabresi, ai
campani, agli italiani. Loro si ribellano alle umiliazioni subite. In Calabria dove la
presenza dello Stato si avverte come il vento in una giornata calda ed afosa d’
estate, gli africani si sono integrati solo grazie all’impegno di alcuni
volontari. Altrimenti per il resto della popolazione sono come dei porci in un porcile,
lasciati a sé stessi, per servirsene quando ce n’è bisogno.
Dopo quest’ultima protesta è probabile che in tanti chiedano di mandarli
via, alcuni lo stanno già facendo, perché questo è il destino di chi in Calabria
non vuole piegare la testa. O viene cacciato, o se ne va spontaneamente. Chi
rimane, invece, è destinato ad essere isolato e a subire.
Il desiderio di una vita tranquilla, lontana dalle ribellioni ha un prezzo
da pagare: il silenzio e quindi la rabbia da tenere rinchiusa nel petto anche
quando si è l’oggetto diretto di un sopruso.
Gli africani ci stanno insegnando che agendo insieme, si può cancellare la
paura e il senso di frustrazione, ci stanno insegnando il sano principio dell’
inviolabilità della persona umana. La degenerazione della loro protesta non deve
indurci nell’errore di scambiare i ruoli, di considerare loro come i criminali e
gli altri come dei benefattori che vogliono pulire il territorio. È facile
etichettare. Il loro gesto è l’ultimo stadio di una sofferenza covata nel tempo e
dovuta all’ostilità mostrata da un’Italia che considera criminale chi è senza casa,
senza soldi e viaggia su un barcone, rischiando la vita in cerca di un futuro
migliore da dare a sé stesso e alla propria famiglia. Mi chiedo come facciamo noi,
che abbiamo avuto antenati morti per la mancanza di cibo mentre andavano in
giro a chiedere l’elemosina, a non capire la loro situazione. Come facciamo a
restare inermi davanti allo sfruttamento delle loro braccia, dei loro corpi magri,
nutriti da arance e mandarini.
Davvero non riusciamo a capire che quella degli africani di Rosarno e di
Castel Volturno è una vera e propria denuncia? Non vogliono sottostare, non
vogliono rassegnarsi. Stanno chiedendo rispetto e libertà. Noi cosa siamo in grado di
dargli?
Gli africani pagheranno la loro violenza. Ma si assuma la propria
responsabilità chi ha alimentato il razzismo verso chi ha un colore della pelle diverso
dal nostro o non professa la nostra stessa religione, si assumano responsabilità
coloro che alimentano l’odio verso questa gente, facendo credere agli italiani
che il male di questo Paese sia la diversità culturale e non le mafie che
rappresentano invece il cancro incurabile di una Repubblica fondata sul sangue dei
giudici Falcone e Borsellino.

Guardiamoci negli occhi. Ricordiamoci che esiste la realtà, con i suoi
aspetti più scuri e con i suoi lati più luminosi, quella realtà dove ci siamo noi e
altri come noi, di qualsiasi razza e condizione, ma sempre degni di essere
uomini.



MD in all World's language
 
MD in your language
MD em sua língua
MD dans ta langue
MD en su lengua
MD in Ihrer Sprache
MD 在您的語言
MD in uw taal
MD στη γλώσσα σας
あなたの言語の MD
당신의 언어에 있는 MD
MD в вашем языке
MD i ditt språk

Milan Day TIME
 
 
Questo sito web è stato creato gratuitamente con SitoWebFaidate.it. Vuoi anche tu un tuo sito web?
Accedi gratuitamente