Di tutti i calciatori del Milan forse è quello che meno di tutti ha meritato il numero di panchine che gli sono toccate, perché è stato uno dei migliori attaccanti degli ultimi vent’anni e perché i suoi quasi dieci anni al Milan li ha comunque vissuti da protagonista.
Ma il problema di Marco Simone è stato anche la sua fortuna, e cioè far parte di due dei cicli rossoneri più vincenti della storia, caratterizzati dalla presenza in rosa dei più grandi giocatori dell’ultimo decennio del ventesimo secolo.
Nonostante la concorrenza spietata, Simone si è ritagliato un ruolo importante nei numerosi successi di quel Milan, al punto che non esiste tifoso rossonero che gli attribuisca un ruolo da comprimario nel film di quegli anni.
Attaccante dalla tecnica sopraffina, veloce nei movimenti, dotato di un grande senso del gol, diede il meglio di sé giocando da seconda punta, ma si fece rispettare anche quando fu schierato da attaccante centrale nonostante non avesse il fisico del classico bomber.
Tra le altre doti, una delle sue caratteristiche principali fu quella di farsi trovare sempre pronto, sia quando veniva schierato nell’undici titolare sia quando veniva buttato dentro a partita in corso.
Nonostante il Milan fosse reduce dalla conquista della sua terza Coppa dei Campioni e nonostante la presenza di Van Basten e Gullit, il ritorno di Massaro e l’acquisto del già affermato Borgonovo, Arrigo Sacchi non ci pensò due volte quando la società ebbe la possibilità di mettergli a disposizione il giovane talento Simoncino (come lo chiamava il tecnico di Fusignano) che si era messo in evidenza nel Como.
I guai fisici di Gullit gli permisero di crearsi dello spazio sin dalla sua prima stagione, impreziosita dalla splendida rete segnata nella gara di ritorno dei quarti di finale contro i belgi del Malines che sanciva la definitiva qualificazione al termine di una epica battaglia finita ai tempi supplementari: al 116’ scartò tutta la difesa belga e trafisse il fortissimo Preud’homme scatenando il delirio di San Siro, e lanciando il Milan verso la conquista dell’ennesimo alloro continentale.
Il secondo anno, che fu anche l’ultimo di Sacchi in panchina, lo spazio a disposizione calò, ma nonostante questo si dimostrò molto efficace sotto porta (6 reti in sole 14 presenze in campionato).
Con l’avvento dell’era Capello, Marco si trova ad essere utilizzato di meno, penalizzato dalla sorprendente e straordinaria prolificità nel suo ruolo di Provvidenza Massaro.
Nonostante ciò, il contributo di Simone alla causa del Diavolo non mancò, partecipando attivamente alla conquista di tre scudetti consecutivi (spettacolare e decisivo il suo gol dell’1-0 nello scontro diretto di Torino contro la Juventus nella stagione 1992/93), di un’altra Coppa dei Campioni (1994) e di una Supercoppa Italiana vinta a Washington contro il Torino grazie ad un suo gol (1993).
Nonostante l’impiego centellinato, Capello aveva una grande stima di Marco Simone, prova ne sia il fatto che in proporzione il maggior numero di presenze in quegli anni lo collezionò in Coppa dei Campioni, da sempre considerata la competizione principe dalla società rossonera.
La bravura di Simone viene anche testimoniata dal fatto che nessun tifoso del Milan dell’epoca ha mai considerato il ragazzo di Castellanza come un rincalzo; ci si fidava di lui come del migliore dei titolari.
La stagione della definitiva consacrazione sarà quella 1994/95, quando la mancanza di un attaccante centrale spingerà Capello a schierarlo al centro dell’attacco.
Simone comincia a far vedere delle ottime cose, e nessuno gli toglierà più il posto: saranno 45 le presenze totali, ma soprattutto saranno 21 i gol messi a segno dal Peter Pan rossonero (17 solo in campionato).
Purtroppo la stagione si concluderà con la grande delusione di Vienna contro l’Ajax, e Marco riuscirà solo a sfiorare la conquista della Coppa dei Campioni nella stagione in cui sarebbe stata più sua.
Ma ormai il dado è tratto, e nessuno mette più in discussione il ruolo di titolare di Simone, e finalmente gli viene affiancata una punta di peso, il liberiano George Weah.
Nasce una delle coppie più affiatate ed efficaci dell’era Capello, favorita dalla complementarietà delle caratteristiche dei due giocatori e dalla grande amicizia che si creò tra i due nella vita fuori dal campo.
La coppia Simone-Weah spinge il Milan alla conquista del 15mo scudetto della sua storia, anche se l’atmosfera paradisiaca viene rovinata dall’addio a fine stagione del pluri-scudettato Capello per divergenze con la dirigenza.
Il nuovo tecnico Washington Tabarez si affida alla collaudata coppia di attaccanti, ma nonostante i due si confermino su ottimi livelli (26 gol in due), la stagione milanista sarà un disastro (11° posto in campionato ed eliminazione nel primo gironcino della Champions per mano del Rosenborg).
Si chiude qui, un po’ a sorpresa, l’avventura di Marco Simone con la maglia del Milan, dopo 251 partite disputate e 75 gol e con un palmares ricchissimo (4 scudetti, 2 Champions, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe Europee e 3 Italiane).
Per 10 miliardi di lire se ne va al Paris Saint Germain in Francia, risultando anche uno dei primi calciatori italiani in piena attività (a 28 anni) a trasferirsi all’estero.
L’avventura francese durerà in totale cinque stagioni e mezza, anche se quelle da protagonista saranno le prime quattro, due al PSG (vittoria della Coppa di Francia e della Coppa di Lega) e due al Monaco (vittoria dello scudetto francese nel 1999/2000 con ben 21 reti messe a segno).
Per ben due volte sarà nominato “miglior calciatore straniero”della Ligue 1 (in totale saranno 40 i gol segnati).
Nel 2001/2002 il Milan lo richiama per rinfoltire la rosa degli attaccanti, ma la nuova parentesi non lascerà nessun segno (solo 9 presenze).
Finita la “campagna francese” nel 2004 (pochi mesi col Nizza), Marco Simone torna in Italia e gioca in C2 con la squadra dove aveva mosso i primi passi da calciatore, il Legnano.
Oltre a giocarci, Simone acquista la società insieme al fratello, ed una volta smesso di giocare (nel 2006) da dirigente riporta i lilla in C1 dopo un’attesa infinita, mettendo a segno uno dei suoi gol più belli anche da dietro ad una scrivania.
Anche in questa circostanza, come quando indossava la maglia rossonera, si è dimostrato l’uomo in più!
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