Certe volte è proprio vero, le cose sembrano segnate dal destino.
Le lettere che compongono il nome della nostra squadra sono contenute nel suo cognome, e questo è un segnale inequivocabile di come Milan e Maldini siano due nomi destinati ad intrecciarsi e confondersi per sempre.
A dare vita a questo binomio perfetto è stato Cesare Maldini, un uomo che da oltre cinquant’anni contribuisce alle sorti della nostra società, come calciatore, come Capitano, come allenatore, come osservatore e, come se non bastasse, come colui che ha dato i natali a quello che è stato uno dei più grandi calciatori della nostra storia, suo figlio Paolo.
Cesarone Maldini è stato il primo difensore della sua epoca ad interpretare il ruolo con stile ed eleganza, privo di quelle ruvidezze che erano tipiche di chi in quegli anni era chiamato ad “evitare che gli avversari” facessero gol.
A Cesare non piaceva buttare via il pallone, a Cesare piaceva uscire con la palla al piede ed essere, partendo da dietro, il regista più arretrato della sua squadra.
La cosa era talmente inedita, che alcuni giornalisti dell’epoca coniarono l’espressione “maldinate” per identificare gli errori “di confidenza” in cui ogni tanto incappava il capitano rossonero.
Nonostante questo, nessuno si è mai sognato di mettere in dubbio la sua classe e la sua grandezza nell’interpretazione del suo ruolo.
Ma Cesare detiene un altro primato, e questo non può portarglielo via nessuno: è il primo calciatore italiano ad aver sollevato al cielo da Capitano il trofeo più ambito per un calciatore, la Coppa dei Campioni.
Il 22 maggio 1963, nella finale di Wembley contro il Benefica riesce nell’impresa che per un soffio, ed un po’ di sfortuna, non gli era riuscita cinque anni prima a Bruxelles contro il mitico Real Madrid.
Maldini, in Inghilterra, era l’unico superstite di quel manipolo di “quasi-eroi” che vide infrangersi il grande sogno di diventare campione d’Europa solo al termine dei tempi supplementari.
Il ventiduenne Cesare Maldini arriva al Milan nella stagione 1954/55, ma nonostante la giovane età gode già di una notevole considerazione, al punto che per portarlo in rossonero il presidente Rizzoli paga alla Triestina la fantasmagorica cifra di 58 milioni di lire, un’enormità in quegli anni per un difensore.
Saranno soldi ben spesi, perché l’apporto del difensore triestino alla causa rossonera sarà notevole.
E’ un grande Milan quello della seconda metà degli anni Cinquanta, capace di vincere 3 scudetti in cinque anni (54/55, 56/57, 58/59), la Coppa Latina (la madre della futura Coppa dei Campioni) nel 1956 e di conquistare, come detto, la finalissima della Coppa dei Campioni nel 1958.
Ma la leadership di Cesare si consolida con l’arrivo alla guida tecnica del Milan del suo compaesano Nereo Rocco, che gli affida, per meriti acquisiti sul campo, quella fascia di Capitano che per anni era stata portata al braccio dal grande Nils Liedholm.
Due triestini al comando della compagine milanista: uno guida la squadra dalla panchina, l’altro, da capitano, dal terreno di gioco.
Una coppia memorabile, che guiderà i rossoneri prima alla conquista dell’ottavo scudetto (1961/62) e poi a quella della prima Coppa dei Campioni.
Maldini giocherà con la maglia del Milan fino al 1966, e naturalmente anche la chiusura sarà nel segno del suo Capitano.
La sua ultima gara sarà a San Siro contro il Catania; il Milan vince 6-1, ed il gol degli etnei sarà un autogol di Maldini: non poteva che finire con una “maldinata”.
Dopo 12 stagioni (di cui 5 da capitano) e ben 412 partite ufficiali, termina l’avventura agonistica di Cesare Maldini con la maglia del Milan, ma non viene certo scritta la parola fine.
Smesse le scarpette da gioco, Cesare intraprende la carriera da allenatore, e lo fa proprio col Milan (non poteva essere diversamente).
Dopo le stagioni al Milan (3), al Foggia, alla Ternana ed al Parma, nel 1980 comincia la sua lunghissima esperienza alle dipendenza della Federazione italiana, prima come vice del CT Bearzot nell’avventura che porterà nel 1982 alla conquista del titolo mondiale, poi come CT della Nazionale Under 21 (dal 1986 al 1996) con cui conquista consecutivamente tre titoli Europei, ed infine come Commissario Tecnico della Nazionale maggiore nel biennio 1996-1998 culminato con i Mondiali in Francia.
Fine dei giochi? Ma neanche per sogno.
Il Milan non si dimentica del suo vecchio capitano, e decide di affidargli un ruolo di consulente tecnico.
Ma prima della definitiva pensione Papà Maldini trova ancora il modo di legare il suo nome ad una delle imprese più clamorose della storia rossonera.
Chi sedeva sulla panchina del Milan il giorno della più grande vittoria del Milan in un derby contro l’Inter?
Ovviamente Cesarone Maldini.
Nel 2001, all’indomani dell’eliminazione dalla Champions League per mano del Deportivo La Coruna, il Milan decide di sostituire Alberto Zaccheroni col duo Cesare Maldini-Mauro Tassotti.
La stagione viene salvata con la conquista del settimo posto e la qualificazione alla Coppa Uefa, ma soprattutto viene caratterizzata dal favoloso ed indimenticabile derby vinto sull’Inter di Tardelli col punteggio tennistico di 6-0.
Molti di noi, per motivi anagrafici, non l’avevano visto giocare e ne conoscevano le gesta solo “per sentito dire”, ma da quella sera di maggio del 2001 anche i più giovani si affezionarono a Cesare Maldini per “meriti sportivi”, e non solo perché era il padre di Paolo Maldini.
Una serata incredibile, di quelle che niente e nessuno potrà mai cancellare, proprio come il nome di Maldini senior dal secolare libro della storia dell’AC Milan
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