Max Allegri ai raggi X
Massimiliano Allegri è stato una mezz'ala di talento, splendido inteprete di un modo elegante e artistico di concepire il gioco del calcio.
Aveva una specie di anarchia tattica che lo rendeva atipico e che lo portava ad essere discontinuo, a volte irritante, mai banale e scontato nel suo modo di stare in campo.
Lo notavi per il tocco di palla e per il senso del gioco.
Galeone ne era calcisticamente innamorato, è stato il suo mentore, tecnico, tattico, filosofico, umano.

Il calcio offensivo come metafora della vita.
Attaccare sempre.
Questa è la filosofia.

Fu così che nel lontano giugno del 92 Galeone divenne per Allegri qualcosa di più di un semplice allenatore.
Il buon Max lasciò la fidanzata il giorno prima di salire sull'altare, con la chiesa di Livorno già pronta e addobbata, addio al celibato già svolto, parenti a bocca aperta per la sopresa.

Ma Allegri non riusciva a rassegnarsi all'idea di dover rinunciare alla dolce vita da scapolo, fatta di piaceri più edonisti e fu così che si rifugiò da Galeone, padre putativo per lui, che ne comprese i turbamenti e ne capì la difficile scelta.

Un sodalizio umano che dura tutt'oggi.

Che tipo di allenatore è Allegri?

Certamente non è un tecnico classico che lavora da professorino.
Allegri è innamorato del calcio e del senso più estetico del football, vuole che le sue squadre giochino bene al pallone, che prendano possesso del campo e che abbiano come riferimento sempre la palla e non l'avversario.

Inizia nell'Aglianese nel 2003, una buona esperienza alla quale seguono due parentesi balbettanti, Spal e Grosseto, dove l'allenatore livornese non riesce ad imporsi.
Ma le sue squadre, al di là dei risultati, avevano dei tratti di gioco che impressionano Squinzi, proprietario del Sassuolo, che nell'estate 2007 decide di affidargli la squadra.
Inizia una lunga cavalcata che porterà il Sassuolo verso una serie B storica, ottenuta con carattere e momenti di gioco esaltatanti.

Cellino gli mette gli occhi addosso, l'estate successiva il ballottaggio è tra Allegri e Bisoli per la panchina del Cagliari e il livornese la spunta.

Cinque sconfitte consecutive, la fiducia di Cellino e poi parte il grande miracolo Cagliari.
I sardi si salvano con largo anticipo giocando forse il miglior calcio della Serie A, vincono a Torino con la Juve, pareggiano a San Siro con l'Inter giocando una gara eccelsa.

Allegri non so fa bene il primo anno ma si riconferma il secondo, salvando i sardi con anticipo e valorizzando elementi importanti.
L'esonero finale attiene a ragioni più attinenti con il carattere di Cellino che a motivi strettamente tecnici.

In questi due anni il suo Cagliari è stata una squadra con tante novità.

Nel calcio di Allegri vengono rivalutate le mezz'ale classiche.
E' il motivo per il quale Lazzari, talento inespresso della primavera atalantina, ha trovato con il tecnico ex Pescara una maturità tecnica e umana mai raggiunta prima.

Spostato nel ruolo di mezz'ala sinistra è riuscito ad esprimere al meglio le sue caratteristiche tecniche abbinate ad una corsa pregevole.

L'anno prima Biondini in quella stessa posizione aveva addirittura raggiunto la Nazionale.

Il 4-3-1-2 di Allegri non è un modulo inquadrato in binari tattici bloccati. L'allenatore dà le sue direttive di massima e le disposizioni di base ma lascia comunque liberi i giocatori di fare delle scelte in campo, di esprimere così il loro istinto e il loro talento.

Una forma di libertà espressiva autorizzata in un contesto organizzato e ben oliato.

Al Milan non sarà possibile riproporre lo stesso 4-3-1-2.
Sarà una variante diversa perchè tra avere Conti davanti alla difesa ed avere Pirlo cambia un piccolo universo.
Cambia la gittata del lanci, la geometria, il senso del gioco, la fisicità, la protezione della difesa, qualche fallo tattico in meno.

Allegri ha Cagliari ha affidato le sue sorti difensive più che a un sistema difensivo ad un leader difensivo.
Lopez, uruguaiano, giocatore non eccelso ma dal carattere e dalla personalità d'acciaio, è stato il leader volcale e spirituale di una difesa che si è sempre mossa seguendo le direttive precise dell'esperto giocatore sudamericano.
Come tutte le difese protette dal centrocampo a tre la difesa cagliaritana ha sempre sofferto i cambi di campo repentini. Nell'ultimo anno Allegi ha tentato di limitare qualcosa dietro inserendo Marzoratti terzino destro, uno stopper adattato, al posto di Pisano, terzino portato più facilmente a salire. I risultati però non sono stati rilevanti perchè come trend il Cagliari di Allegri ha sempre continuato a prendere qualche gol antipatico di troppo.

L'uomo chiave è sempre stato Cossu in queste due stagioni.
Lui certamente, più di Matri e Acquafresca, i due bomber valorizzati dal gioco del Cagliari, vero e proprio giocatore chiave negli schemi del Cagliari, trequartista moderno capace di giocare il pallone, di fare l'assist, il gol, di inserirsi con un assurdo tempismo.

Il vero barometro tecnico della squadra, che ne misurava gli equilibri e i ritmi.

Su Cossu e su Conti Allegri ha costruito le sue fortune.
Conti è stato l'allenatore in campo della squadra, il referente tattico perfetto per l'allenatore livornese.
Cossu invece è stato il suo referente tecnico, il giocatore tra tutti al quale Allegri concedeva le maggiori libertà e le più grandi autonomie.

Due simboli del Cagliari, due alfieri di un modo di proporre calcio.

Allegri è questo, equlibrio, giusta dose di rischio, spettacolo, capacità di dare alla squadra schemi offensivi.
Il suo tallone d'Acgille a Cagliari sono stati alcuni gol di troppo, credo però più imputabili alla qualità generale dei difensori che a delle lacune didattiche del tecnico.

Milanello adesso gli apre le porte, riuscire a trasmettere il suo calcio ad un gruppo che ha vinto tutto e che negli ultimi anni è mancato di continuità è la sua sfida più difficile.
Ma probabilmente la più affascinante

Massimo Bambara

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