Champions docet

La Champions di quest'anno ha dimostrato ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, che per essere competitivi a quei livelli servono determinate doti e qualità. In primis occorre avere una squadra che abbia un alto senso del collettivo, che sia disposta a giocare di squadra e per la squadra, che conosca il valore delle parole abnegazione e sacrificio.

Secondariamente è fondamentale avere a disposizione almeno un giocatore in mezzo al campo che sappia giocare il pallone.
Non è un dettaglio da poco.
Le squadre che scelgono di giocare senza regista hanno infatti un tocco di imprevedibilità e dei ritmi più incoscienti ma alla lunga possono pagare questa scelta perchè avere un uomo che sappia orchestrare il gioco e sappia razionalizzarlo in base ai momenti e alle situazioni della partita è cosa indispensabile a certi livelli.

Altro aspetto imprescindibile i tempi di gioco. Riuscire a muovere il pallone con grande rapidità dalla difesa all'attacco diventa la chiave di lettura migliore per sorprendere difese organizzate e difficili da battere quando sono schierate.

C'è poi da soffermarsi sulla mentalità da Champions, parola che fino a qualche anno fa per noi milanisti suonava come familiare ma che adesso abbiamo un pò smarrito.
Giocare la Champions significa dispitare partite di 180 minuti in cui il livello di tensione e di concentrazione non devono mai scendere eoltre la soglia minima.
La forza mentale viene prima di quella tecnica.

Il Milan di oggi deve partire proprio da quest'ultimo aspetto per ritrovare una sua nuova dimensione europea.
La testa da Champions si costruisce pian piano, i risultati sono la conseguenza di un lavoro mentale fuori dal normale.

Ad esso logicamente devono accompagnarsi cultura del lavoro, studio degli avversari, rifiniture dei particolari, ferrea attenzione tattica.
Nel laboratorio di Milanello ultimamente questi ingredienti hanno scarseggiato.

E' ora di provare a reimpostare un nuovo Milan anche nel suo formato europeo.
Chiaro servono degli acquisti sul mercato ma conta soprattutto tornare a lavorare e a costruire su se stessi e sopra i propri limiti, prendendo ad esempio proprio l'ultima edizione della Champions


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